Mentre il mondo attende di conoscere chi sarà il nuovo presidente degli Stati Uniti, in Ucraina e a Gaza si continua a morire. Se non si chiudono le due guerre c’è il rischio che il conflitto tra Russia e Nato si allarghi ad altre aree.
Quella dell’umanità è una storia striata di sangue. Di generazione in generazione gli uomini si uccidono, per la gioia di pochi e la desolazione di molti. Le guerre non avvengono mai per caso. A provocarle sono sempre coloro che, attraverso di esse, sanno (o sperano) di poter aumentare il proprio potere economico o politico. La bramosia per il primo non esclude il secondo.
In una lettera che lo scrittore Antoine de Saint-Exupéry (Lione, 29 Giugno 1900 – Riou, 31 Luglio 1944) scrive alla mamma, prima di una missione come pilota durante la Seconda guerra mondiale, si legge: «Quel che mi spaventa molto più della guerra è il mondo di domani. Tutti questi paesi distrutti, tutte queste famiglie disperse. Della morte non m’importa, ma non voglio che sia toccata la comunità spirituale. Vorrei vederci tutti riuniti intorno a una tavola bianca… Sono terribilmente scontento delle preoccupazioni della mia epoca. Il pericolo accettato e subito non basta a placare in me una specie di peso di coscienza. La sola fontana rinfrescante la trovo in certi ricordi d’infanzia: l’odore delle candele della notte di Natale. È l’anima oggi che è tanto deserta. Si muore di sete».
Sono parole che, scritte nel 1940, descrivono perfettamente quanto accade ai nostri giorni. Se Saint-Exupéry era «scontento delle preoccupazioni della mia epoca», che cosa dovremmo dire noi oggi della nostra?
Il pilota e scrittore, che sarebbe misteriosamente scomparso nelle acque del Mediterraneo nel Luglio 1944 durante un volo di ricognizione, denuncia il turbamento degli orrori della guerra, ma che cosa dovremmo dire noi oggi su quanto sta accadendo a poca distanza da casa nostra?
Un’intera generazione di ucraini è stata spazzata via, un Paese importante come la Russia è stato spinto tra le mani della nomenclatura comunista cinese, l’Europa s’è enormemente indebolita, gran parte del mondo musulmano ha accentuato l’odio verso l’Occidente e Israele ha contestualmente visto crescere l’antisemitismo nel mondo. Perché s’è arrivati a tanto? Forse le ragioni saranno più d’una. Noi non possiamo non constatare però che il Vecchio Continente (e con esso l’intero Occidente), smarrendo gli insegnamenti dell’Antico e del Nuovo Testamento, ha inaridito le società di cui si compone, le quali ora si trovano alla mercé di pseudo culture figlie di ideologie profondamente ostili all’uomo.
La stessa Chiesa vive il travaglio di un’epoca confusa e tremendamente bellicosa, come Papa Benedetto XVI aveva profeticamente intuito.
Nella Giornata mondiale della pace, 1 Gennaio 2006, il Pontefice scriveva, nel suo messaggio “Nella verità, la pace”, che «questa si configura come dono celeste e grazia divina, che richiede, a tutti i livelli, l’esercizio della responsabilità più grande, quella di conformare – nella verità, nella giustizia, nella libertà e nell’amore – la storia umana all’ordine divino. Quando viene a mancare l’adesione all’ordine trascendente delle cose, come pure il rispetto di quella “grammatica” del dialogo che è la legge morale universale, scritta nel cuore dell’uomo, quando viene ostacolato e impedito lo sviluppo integrale della persona e la tutela dei suoi diritti fondamentali, quando tanti popoli sono costretti a subire ingiustizie e disuguaglianze intollerabili, come si può sperare nella realizzazione del bene della pace? Vengono infatti meno quegli elementi essenziali che danno forma alla verità di tale bene. Sant’Agostino ha descritto la pace come “tranquillitas ordinis”, la tranquillità dell’ordine, vale a dire quella situazione che permette, in definitiva, di rispettare e realizzare appieno la verità dell’uomo».
Inutile girarci attorno: o l’umanità torna a scommettere sul primato di Dio, o si condanna all’inferno già ora, in questo mondo, prima di approdare all’altro nell’aldilà.